CARTA DEL SUBACQUEO

COMPORTAMENTO RESPONSABILE DEL SUBACQUEO

Contrariamente al nuoto o allo snorkeling, l'immersione (intesa con autorespiratore) è una attività che prevede l'immersione completa del corpo umano in un ambiente completamente liquido.
L'uomo, come pochi altri mammiferi, è in grado di trattenere il respiro in acqua (riflesso di immersione); alla prima immersione (in piscina o in mare), proprio perché trovandosi in un ambiente liquido e differente a quello nel quale quotidianamente viviamo, viene dunque spontaneo trattenere il respiro. Questa è una cosa assolutamente da evitare.
Dalle prime immersioni che l'uomo ha fatto in apnea, per ragioni legate a necessità alimentari, la ricerca e le sperimentazioni sono andate molto avanti. Come spesso accade, le attrezzature vengono pensate, studiate e inventate per esigenze in ambiente militare e poi passate ad un contesto civile.
Esistono oggi tanti strumenti che consentono all'uomo di di prolungare la propria permanenza sott'acqua e che la rendono senz'altro notevolmente più comoda e sicura.
Grazie a queste ricerche e conquiste oggi l'attività subacquea è alla portata di tutti, anche quando ci troviamo davanti a individui con disabilità motorie.
Un'attività alla portata di tutti però non esclude la consapevolezza, la conoscenza e il rispetto delle norme di sicurezza, lo studio delle leggi fisiche e delle procedure di emergenza. Anzi, queste sono parti integranti e assolutamente non prescindibili.
La forma più diffusa di immersione avviene con autorespiratore ad aria (ARA) e consente al subacqueo di respirare regolarmente grazie a una bombola (di capacità variabile, 10 litri, 12 litri, 15 litri, 18 litri) contenente aria compressa (composta al 79% da azoto e 21% di ossigeno, solitamente 200 atmosfere, 220 atmosfere per bombole di 18 litri) e l'erogatore (generalmente due erogatori, uno principale e uno si sicurezza), che hanno lo scopo di ridurre la pressione dell'aria compressa presente nelle bombole alla pressione ambiente e di fornire al subacqueo l'aria richiesta., Quindi, con questa attrezzatura, si può respirare aria come se fossimo in superficie, ma a pressione ambiente, ossia alla pressione che è presente alla profondità alla quale ci troviamo.
Perché non bisogna trattenere il respiro sott'acqua?
Va da sé che durante un'immersione non è un problema trattenere il respiro per pochi istanti.
I problemi (spesso gravi) possono sopraggiungere durante la risalita (anche minima, e quindi alla variazione di pressione) in quanto, tappando le vie aeree può avvenire una sovradistensione polmonare, ossia una vera e propria rottura dei polmoni causata dall'espansione dell'aria nel tessuto respiratorio.
La sovradistensione polmonare è una conseguenza molto problematica e difficile da curare, ma allo stesso tempo è uno dei problemi più facili da evitare: basta respirare regolarmente e non trattenere mai il respiro. E non si ha in bocca l'erogatore (o non funzionasse) sarà sufficiente durante la risalita far fuoriuscire piccoli flussi di aria dalle labbra.
Rimangono esclusi gli apneisti (l'apnea infatti è l'assenza di respirazione esterna, o una pausa da essa).

PRIMA DELL'IMMERSIONE
Prima di un'immersione è importante comprendere l'ambiente in cui si entra e conoscere anche il proprio corpo e i propri limiti.
Innanzi tutto è fondamentale frequentare corsi di subacquea seri e professionali, tenuti da istruttori qualificati, che conducono all'ottenimento di un brevetto. Non vanno sottovalutati anche corsi di primo soccorso.
E' importantissimo (anche se talvolta alcuni diving non se ne preoccupano) sottoporsi periodicamente (almeno una volta all'anno) a controlli medici (parliamo di medicina sportiva, con particolare attenzione alla subacquea).
L'immersione va evitata se si stanno assumendo farmaci che possano compromettere la lucidità durante l'attività subacquea (es. psicofarmaci), se si è assunto alcol, se si è stati sottoposti a sforzi interni.
E' importante che il subacqueo non sia raffreddato. Infatti una delle prime condizioni fondamentali delle immersioni è la compensazione. Durante la discesa infatti, proprio per l'aumento della pressione, le orecchie sono soggette a stress. Durante la discesa verso il fondo quindi, man mano che la pressione aumenta, bisogna compensare la riduzione di volume negli spazi cavi dei seni paranasali e nell'orecchio medio (attraverso la tromba di Eustachio). Non compensando possono comparire disturbi e dolore che possono condurre a bartraumi dell'orecchio e dei seni paranasali fino alla perforazione del timpano. Diventa quindi indispensabile una corretta compensazione e la risalita nel caso in cui, per vari motivi, non si riesca a compensare.
L'idratazione è un altro ingrediente indispensabile nella nostra immersione. Prima di ogni immersione bisogna bere regolarmente acqua o integratori salini per idratare correttamente il nostro organismo (dopo ogni immersione, l'azoto accumulato nell'organismo viene eliminato dai polmoni più facilmente se il subacqueo è bene idratato, consentendo un corretto scambio di gas). La disidratazione infatti riduce il volume di plasma sanguigno e la perfusione dei tessuti. I segni della disidratazione sono: secchezza delle fauci, bocca appiccicosa, stanchezza, crampi, mal di testa, vertigini, diminuzione urina o urina di colore scuro, tachicardia, polso debole, respirazione affannata, confusione, convulsioni, pressione sanguigna bassa. Se alcuni di questi sintomi sono già presenti prima dell'immersione, la discesa in acqua va valutata.
Continuando, dobbiamo controllare (personalmente!) lo stato della attrezzatura che (noi e il nostro compagno di immersione) utilizzeremo. Innanzi tutto l'attrezzatura deve essere adeguata rispetto all'immersione che stiamo andando ad eseguire (muta idonea, bombola corretta, attrezzatura funzionante).
Bisogna accertarsi di essere in coppia con qualcuno: le immersioni non devono essere mai fatte individualmente in quanto, in caso di problemi, il compagno ci possa aiutare (e viceversa).
Le condizioni meteo marine devono essere favorevoli. Oltre ai rischi, in caso di pioggia, vento, mare mosso, etc. la visibilità potrebbe non essere un granché o sufficiente per consentire un'immersione in sicurezza o comunque divertente.
Bisogna tassativamente immergersi entro i limiti di profondità consentiti dal proprio brevetto. Superare, anche di poco, tali limiti potrebbe portare a dover gestire delle situazioni alle quali non siamo preparati.
Bisogna indossare correttamente tutta l'attrezzatura (che deve essere completa) e quindi: muta (umida, semistagna, stagna), calzari, pinne, gav (giubbotto ad assetto variabile), bombola, erogatori, manometro, bussola, torcia (più una di backup), maschera (più una di backup), computer, profondimentro, tabelle, pedagno, reel, coltello, boa segnasub. E se l'acqua non è calda, cappuccio e guanti. I guanti vengono spesso consigliati anche in acque calde, per due motivi: preservare l'ambiente e l'ecosistema nel caso in cui si tocchi qualcosa (esempio uno scoglio), per evitare di graffiarsi, rovinando così l'immersione.
E prima di immergersi, ultimo ma non meno importante, cercare di capire se chi guida il gruppo ha esperienza (in genere) e conosce bene il sito dell'immersione.

DURANTE L'IMMERSIONE
Siamo entrati in acqua, il nostro corpo è avvolto da questo liquido blu che ci accoglie.
Bisogna capire da subito che non è “casa nostra”. Sebbene visivamente e con i piccoli “disagi” che comportano i movimenti in immersione questo concetto potrebbe sembrare ovvio, purtroppo non lo è e spesso l'atteggiamento dei subacquei non è del tutto responsabile.
Innanzi tutto non bisogna dare da mangiare ai pesci! Questa pratica, fin troppo diffusa e fortunatamente ufficialmente vietata in molti luoghi, altera la natura predatoria dei pesci e il loro ecosistema. I pesci devono mantenere la propria alimentazione, altrimenti possono ammalarsi. Inoltre, a seconda delle specie, dare da mangiare a un pesce non sempre potrebbe essere una buona idea (non si pensi esclusivamente allo squalo, bastano anche pesci di piccole dimensioni a causare seri problemi vista la loro voracità e aggressività).
I pesci non vanno toccati. Sono esseri diversi da noi, affascinanti. Ma sono anche delicati e il contatto può anche essere nocivo.
La maggior parte dei pesci ha il corpo ricoperto da un sottile strato di muco che lo preserva dall'insediamento di parassiti e il contatto con gli acidi presenti sulle nostre mani può danneggiarlo compromettendo seriamente la salute del malcapitato.
Sott'acqua non si è molto consapevoli della forza che si ha, né si sa quanto possa essere fragile il corpo del pesce. Quindi anche solo sfiorarli provocare lesioni agli organi interni o a varie parti del corpo, specialmente laddove i nostri tentativi di contatto vengano interpretati (quasi sempre) come aggressione e spingano il pesce a uscire con forza e fretta dalla tana o dal nascondiglio.
Anche i molluschi, le conchiglie, le stelle marine, i nudibranchi non devono essere toccati o spostati (magari per una bella quanto stupida e inutile fotografia).
Poi arriviamo a casi più eclatanti, come ad esempio il pesce palla. Questo, se toccato o se si sente minacciato, si gonfia d'acqua diventando più grosso proprio per difesa, apparire più cattivo e incutere timore ai nemici. Quando è gonfio però è anche incapace di fuggire. Tra l'altro, per la natura meccanica di questo strano camuffamento, dopo quindici/venti rigonfiamenti i pesci palla muoiono.

Molta attenzione va anche prestata alle rocce, alle spugne e ai coralli.
Anche qui il contatto con gli acidi delle nostre mani può interrompere il processo di crescita e condurre alla morte della pianta.
Oltre a ciò, una pinneggiata distratta, un movimento non controllato, un assetto non corretto, l'attrezzatura non “ordinata” (es. le fruste a penzoloni) possono portare il subacqueo a fare grossi danni alla vita animale e vegetale. Pochi istanti di distrazione possono compromettere o distruggere anni di vita biologica.
E infine, è consigliabile a non appoggiarsi a niente (specialmente se di natura corallina) perché il tocco potrebbe essere dannoso per l'uomo.

Dal mare non si deve portare via nulla!
Ogni cosa, anche piccola, anche una minuscola conchiglia, che viene portata via causa una microfalla nell'ecosistema marino che in qualche modo trova un'interruzione del proprio cerchio vitale.
Gli oggetti maggiormente sottratti al mare sono: conchiglie, stelle marine, coralli.
Tralasciando il fatto che trafugando questi oggetti si compie un atto criminale interrompendo una vita, c'è da riflettere sul fatto che tutto ciò che viene sottratto all'acqua, una volta fuori, muore e perde comunque il proprio splendore. Quindi: ha più senso ammirare queste meraviglie a lungo sott'acqua, sapendo che stanno bene, oppure ucciderle per godere di pochi istanti che gonfiano il nostro ego, per poi essere abbandonate in un angolo o addirittura buttate via?

Tra l'altro, tutto quello che è sott'acqua ha uno scopo.
Molte specie di conchiglie, come ad esempio i tritoni (le classiche belle conchiglie a forma di cono), sono l'unico acerrimo nemico dell'Acanthaster planci, una stella marina che è in grado da sola di divorare fino a sei metri quadrati di superficie corallina in un mese. Purtroppo, proprio perché belli, i tritoni sono stati quasi sterminati a livello mondiale, in quanto i loro gusci sono molto richiesti sui mercati di tutto il mondo (e sono stati quindi dichiarati specie protetta). La carenza dei tritoni ha concesso agli Acanthaster planci di riprodursi a dismisura e, senza più controllo, stanno distruggendo svariati chilometri di reef in giro per il mondo, alterando irrevocabilmente l'equilibrio dell'ecosistema marino.
Per non contare che le conchiglie vuote spesso diventano la casa dei paguri eremita, che per assecondare i propri ritmi di crescita devono continuamente trovare una sistemazione più confortevole.

DOPO L'IMMERSIONE
Sebbene molto basso, uno dei rischi dei subacquei è la MDD (Malattia Da Decompressione) per l'accumulo di azoto all'interno dell'organismo durante l'immersione.
Una volta finita l'immersione si deve dunque attendere un tempo idoneo a consentire all'organismo di fare esplodere le ultime bolle di azoto presenti nel sangue e nei tessuti, evitando in questo modo che si aggreghino, causando problemi più gravi (es. embolia).
Infatti, dopo ogni immersione il nostro organismo impiega diverse ore per riuscire a eliminare le bolle di azoto presenti nel sangue e riuscire a ritornare al perfetto equilibrio. Durante questa “attesa” il subacqueo non deve esporsi a pressioni inferiori a quella presente a livello del mare (1 atm), in quanto ciò equivarrebbe ad effettuare un'ulteriore risalita dal fondo nel corso di un'immersione esponendo il nostro corpo ad un elevato rischio di MDD (Malattia Da Decompressione).
Per questo motivo i computer (o le tabelle) ci aiutano a capire quante ore dobbiamo attendere prima di esporci ad elevate altitudini (montagna, aereo).
Ad esempio, la pressurizzazione della cabina di un aereo potrebbe indurre le bolle di azoto residuo presenti nel sangue ad aggregarsi (legge di Boyle-Mariotte).

Dopo una bella mangiata o una bella esperienza in genere, molte persone amano fumarsi una sigaretta.
Questo atteggiamento si nota anche tra i subacquei dopo una bella immersione (anche se andrebbe assolutamente evitato!).
Al di là dei problemi che ora vedremo che trovano una corrispondenza tra immersione e fumo, un problema grosso è che spesso, con la stessa nonchalance che si adotta per strada, nel mondo normale, molti subacquei dopo aver fumato buttano il mozzicone di sigaretta in acqua. Ebbene, uno studio condotto ha fatto scoprire che un grosso numero di prodotti tossici ritrovati nei pesci, nelle tartarughe o negli uccelli che pescano in acqua sono frammenti o contenuti di oltre 5.000 sigarette fumate ogni anno e buttate in acqua.
Capiamo che per alcuni una sigaretta ci voglia dopo un'immersione, ma basta chiedere un barattolo al personale di bordo, sicuramente sempre attento e sensibile agli atteggiamenti consapevoli e rispettosi verso l'ambiente.

 

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